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3 + 3: tre quesiti, tre risposte a cura del Dott. Davide Pagnoncelli

Spunti per cammini di consapevolezza Tappa n. 4

Redazione
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Cari lettori e care lettrici ecco un’altra tappa di questa nuova rubrica che nasce con l’obiettivo di stimolare periodicamente con spunti e/o con esperienze di vita intense, vitali e vivide. L’intento è di aiutarci e aiutare ad agire e a reagire contro l’inedia, la passività, il qualunquismo; a maggior ragione nell’attuale situazione molto critica per vari motivi.

Questa rubrica pone tematiche ad ampio raggio, sollecitando talora anche interrogativi posti sia a persone note che a persone meno note, perché non è la notorietà l’unico criterio per dialogare, argomentare ed essere maestri di vita per gli altri. E non interessa neppure che tipo di caratteristiche ha chi può offrirci dei contributi: importante metta a disposizione la propria esperienza su quanto gli viene chiesto.

Sempre con estrema libertà e apertura mentale, cercando di imparare… sempre!

Nella prima tappa il 9.7.2021 il Dott. Davide Pagnoncelli e Alessandra Tucci hanno intervistato Vittorio Sgarbi; nella seconda tappa il 15.11.2021 Silvana Gambone ha raccontato la sua esperienza drammatica e dolorosa, ricca però di risvolti proficui e molto costruttivi; la terza tappa il 3.1.2022 ha trattato dei “regali di tempo”. In questa quarta tappa la giornalista Francesca Ghezzani pone tre domande al dott. Davide Pagnoncelli, psicologo e psicoterapeuta.

Ri-animare il futuro

1. Cosa ci preannuncia il futuro dopo questo periodo drammatico?

Un evento estremamente negativo e drammaticamente spiacevole ci obbliga, volenti o nolenti, a ristabilire le nostre priorità e può diventare un’occasione per chiederci:

Cosa è davvero importante per me, per la società?

Quali sono le mie, le nostre priorità?

Cosa desidero davvero cominciare di nuovo, di creativo?

In una situazione di emergenza possiamo percepire nettamente cosa ci mancava di veramente essenziale e cosa avevamo di positivo nella nostra esistenza.

Il distacco tra le persone può far scoprire altre modalità comunicative, consentendo di non chiudersi nella solita routine. Queste “assenze sentite di cuore” possono far recuperare valore a quanto si faceva prima, non raramente dato per scontato. Come spesso si dà per scontato il fatto di esistere, il fatto che il nostro corpo normalmente funzioni alla perfezione con delicati meccanismi omeostatici.

I soli pensieri negativi non hanno mai offerto soluzioni efficaci. Fare e farsi la guerra ha portato solamente distruzioni, mai costruzioni. Per certi versi ci siamo scoperti vulnerabili, ma non per questo dobbiamo sentirci impotenti

È preferibile, pertanto, anticipare il futuro. Far sì che il futuro -quando accadrà- non ci prenda in contropiede ma ci trovi pronti con “progetti chiavi in mano”… un po’ prima che arrivi. Noi adulti dobbiamo lasciare in eredità alle nuove generazioni e ai nostri figli un lascito fertile. Non possiamo limitarci a progettare solo per il prossimi mesi o per il prossimo anno! Servono progetti di lungo respiro, progettati da numerosi cervelli… larghi e da tanti cuori aperti!  

Quando le difficoltà aumentano è il momento gettare il cuore al di là dell’ostacolo e di riappropriarci della nostra libertà creatrice, della nostra progettualità migliore.

Perciò non prefiggiamoci di ritornare alla normalità… di prima. Piuttosto ritorniamo alla quotidianità con innesti di insoliti cambiamenti, con inserti di nuove originalità. 

Vivere da separati ci ha reso tutti più deboli e rallentati, invece il legame positivo con gli altri ci rende più efficaci, come nella scrittura in corsivo il legame tra le lettere rende la scrittura più veloce e fluida. Più la situazione diventa complicata, più abbiamo bisogno -in modo gratuito- di atti di gentilezza e di positività, anche se minimi.

2. Allora su cosa dobbiamo puntare?

Occorre centrarsi e ricentrarsi sul positivo… non di un virus, ma sulla autentica positività: passare dal negativo al positivo.

Si racconta che un monaco ricevette la visita di un suo confratello e, illustrandogli la regola monastica, elencò le norme a cui si atteneva: “La nostra comunità non vuole commettere violenze di nessun tipo, non vuole approfittarsi delle persone, non vuole usare sostanze proibite, non vuole rubare, non vuole danneggiare le cose…” e così via. Il monaco ospite, alla fine dell’elenco dei divieti, commentò: “Ho capito molto bene ciò che non farete o che non desiderate fare; mi spieghi ora cosa volete e cosa desiderate?”.

Tanti sono stati e sono ancora abili a metterci paura (“Attenzione a…!”, “Non fare…!”, “Non dire…!”), pochi ci danno esempi e strumenti per agire.

Troppi ci avvisano, ci intimano, ci impongono ciò che non si deve fare, ci somministrano lunghi menu di proibizioni. Chi ci offre esempi? Chi suggerisce ipotesi, punti di vista e incoraggiamenti per sviluppare le proprie doti?

Con la sola proibizione o repressione non è possibile affrontare la violenza, la rabbia, la patologia e i mali interiori. Risulta sterile fondare l’educazione solo su proibizioni e su contenuti tecnici senza offrire valori positivi di riferimento e senza che questi siano incarnati concretamente soprattutto negli adulti.

È essenziale avere una visione d’insieme e la consapevolezza precisa che ci salveremo solamente insieme. Si tratta di sviluppare anche l’intelligenza sociale, non solo le altre intelligenze. Alfred Adler, uno dei padri fondatori della psicologia del profondo assieme a Freud e Jung, ha affermato: “Il sentimento sociale è il barometro della normalità”. Più il sentimento sociale si affievolisce o addirittura sparisce, più le problematiche psicosociali e le patologie psichiche si aggravano.

Non è più il tempo del solo pensare, non è più il tempo del solo produrre con avidità, non è più il tempo della sola tecnologia, non è più il tempo delle sole elemosine distribuite per lavarsi la coscienza.

È il tempo anche del sentire e della compartecipazione emotiva, magari con arte e creatività; è il tempo anche del recupero della nostra autentica essenza rispetto al solo possedere; è il tempo anche del fare comunità, con sentimento sociale e con tanta concretezza operativa; è il tempo anche della ridistribuzione più equa delle ricchezze del pianeta.

È preferibile vivere per costruire, per progettare, per prevenire piuttosto che vivere per lottare contro qualcosa o qualcuno, dopo!  Questo può essere il tempo della vividezza, cioè dell’intensità, della vivacità.

3. Secondo lei in che modo si potrà guarire?

Credo che non bastino guarigioni di tipo sanitario, ma che sia necessario aiutare le persone a realizzare guarigioni psicologiche, emotive, sociali, meglio se ad alta valenza artistica!

Due indicazioni:

Prima indicazione: numerose e valide ricerche evidenziano dati estremamente allarmanti: aumento esorbitante di crisi di ansia, di panico e di depressione; aumento preoccupante di atti lesivi e autolesivi, di disturbi dell’alimentazione, di atti di bullismo e cyberbullismo di minorenni a partire da età molto precoci (per esempio dai 10/11 anni); aumento esponenziale di comportamenti di ritiro sociale e di isolamento; accentuazione di forti conflitti intergenerazionali.

Personalmente ho rilevato vissuti di abbandono in molte persone in stato di bisogno: si sono sentite abbandonate, messe da parte, trascurate! È importante prenderne atto!

In tutte le malattie, e non solo nel covid, c’è un estremo bisogno di presenza:  presenza di tipo sanitario, ma anche psicologica, umana e sociale.  In specifico la solitudine può condizionare pesantemente  la salute psicofisica.

La medicina non può essere insegnata e attuata solamente riferendosi a protocolli terapeutici, assolutamente importanti per patologie acute, in fase di acuzie: è necessario l’apporto di altre discipline. Esiste un patrimonio significativo, per esempio, legato alla saggezza e alle cultura antiche, alla psicologia del profondo e alla fisica quantistica.

La prevenzione non può essere solo difensiva, cioè lottare contro qualcosa di negativo che minaccia la salute psicofisica, ma deve essere una prevenzione rafforzativa, che costruisce, che progetta in tempo.

La prevenzione rafforzativa è molto accorta: si prepara e corre prima, per camminare dopo; a differenza di chi cammina poco prima e deve correre dopo, pure con affanno.

 

Seconda indicazione: è determinante incentivare progetti artistici!

L’arte allarga i cuori, affina lo spirito ed è il cibo per l’intelligenza emotiva.

L’arte può aiutare a far riscoprire in se stessi la propria bellezza: chi non vede, chi non nota, chi non percepisce la bellezza dentro di sé, difficilmente sarà pronto per gustare appieno la bellezza esterna, del mondo o del genere umano. 

Noi sappiamo più di quello che comprendiamo e l’arte è scoperta degli aspetti invisibili dell’umano, dell’indicibile del cosmo. L’arte fa rinascere la realtà; più che spiegata va vissuta, percepita, sperimentata. L’arte va gustata con tutti i sensi… e con altro ancora.

Lavoriamo tutti, perciò, per accendere emozioni e sentimenti costruttivi, per costruire una socialità connettiva e per illuminare il mondo con la bellezza, con la bellezza dell’arte. E la bellezza dell’arte fa star bene!

Termino citando un’interessante considerazione di Clarissa Pinkola Estés, scrittrice, psicoanalista statunitense vivente: “In tempi duri dobbiamo avere sogni duri, sogni reali, quelli che, se ci daremo da fare, si avvereranno”.

I sogni e la bellezza dell’arte donano anima al futuro, ri-animano il futuro… e ogni essere vivente!

E buona creatività a tutti!

 

Davide Pagnoncelli è Psicologo e Psicoterapeuta, formato in Teatroterapia e in Arteterapia. Oltre all’attività clinica, ha un’esperienza ventennale nell’ambito della psicologia scolastica come responsabile di un originale Servizio Psicologico di sistema.  Egli si definisce “allargacervelli” (non più “strizzacervelli”) perché il suo cervello e quello altrui preferisce allargarlo, ampliando prospettive. Ha scritto il libro “Figli felici a scuola”, Bruno Editore, Roma 2018 inoltre ha pubblicato numerosi articoli  e ricerche su varie Riviste scientifiche. In particolare è impegnato in progetti pilota per approfondire il rapporto tra le varie forme di arte, in particolare la poesia, con la psicologia e con la psicoanalisi. In tal senso ha ideato nuovi progetti denominati Art Artist Therapy (AATH): un altro modo di gustare e di rivivere la personalità, l’intelligenza emotiva e il percorso creativo dell’artista connesso alle produzioni artistiche. Email: allargacervelli@gmail.com

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